La "guerra degli Dei" oltre il circolo polare artico?

Molti popoli indigeni della Siberia hanno conservato dei miti sui popoli di pelle bianca che vissero nelle terre della Siberia molto prima di loro. Esisterebbero delle città sotterranee, nei quali si è ritirata una parte di questa gente.
Dicono che queste città esistano alla foce di ogni fiume siberiano che porta le acque nell'Oceano Artico.
Gli abitanti della foce del fiume Lena ancora adesso parlerebbero di una gigantesca città sotterranea vuota, le cui ampie strade vengono illuminate dai lampioni "eterni", sempre in funzione, ormai da migliaia di anni.
 
Questa città sarebbe stata visitata da un gruppo di geologi russi e anche dagli yakuti (il fatto accadde prima della seconda guerra mondiale). Se ne parla con circospezione, temendo di essere presi per matti. Secondo il ricercatore Georgi Sidorov le città sotterranee sono situate lungo tutto il perimetro dell'Oceano Artico (Mar Glaciale Artico). Nelle montagne del nord della Siberia ci sono migliaia di caverne e di pozzi apparentemente artificiali che portano nelle profondità indicibili, da lì proverrebbe anche la luce, e si potrebbe intuire l'esistenza di un clima molto più mite di quello nordico in superficie.
Ma la scienza non li studia, e persino i turisti vengono deviati nei posti lontani da questi luoghi.
Perché l'antica super civiltà artica avesse la necessità di questi spazi?
Forse le servivano dei rifugi in caso di cataclismi o di devastanti conflitti con l'impiego delle armi (uno è stato descritto nella Mahabharata).
 
V.Degtyarev, paleoetnografo, è convinto che il ritiro dei ghiacci nel nord della Russia svelerà le rovine delle città preistoriche: "Migliaia di anni fa i territori polari russi e scandinavi non solo erano popolati, erano le terre prospere, come quelle al polo Sud della Terra. Una catastrofe planetaria accadde in un giorno e una notte, e la "quarta civiltà" smise di esistere."
 
Quali erano le cause?
Degtyarev: "Io sostengo la cosmogonia sumera secondo la quale ogni 12500 anni i poli si spostano a causa della precessione dell'asse terrestre; ogni 12500 anni ci spostiamo dall'altra parte del globo, rispetto alle stelle immobili."
Secondo la teoria adottata dalla scienza, non esiste nessun spostamento della crosta terrestre, si tratterebbe di una locala glaciazione di alcuni territori.
 
E invece, V. Kondratov afferma (la teoria del "tessuto dell'Universo") che gli Dei-colonizzatori starebbero facendo continuamente sulla Terra dei lavori per perfezionare la superficie del globo.

La forza dei campi torsionali. Gli esperimenti e i sogni di Anatolij Akimov

 

Negli anni 90 (un periodo del vero “boom” dei fisici alternativi in Russia)  sono stati creati diversi strumenti che funzionavano sul principio torsionale. La gran parte delle scoperte e delle novità tecnologiche torsionali (rimaste inapplicate) è collegata al nome di Anatolij Akimov (1938-2007), il direttore del Centro delle Tecnologie non tradizionali dell’Accademia delle Scienze Naturali. Per il dovere di cronaca devo ammettere che questa figura non ha una collocazione univoca: per molte fonti russe che seguono la linea della scienza ortodossa Akimov resta un “pseudoscienziato.”

In quel periodo di “primavera” arrivata dopo la calma piatta degli anni sovietici, molti creativi si sentirono finalmente liberi di realizzare i progetti rimasti nei cassetti, dando sfogo alla naturale inclinazione dei russi all’alternativo, allo spirituale, all’esoterico.

Akimov non ebbe paura di lavorare con i sensitivi, e fu uno dei primi ad aver intuito l’esistenza di un nesso tra la coscienza umana e i campi torsionali. Creò un generatore torsionale che porta il suo nome e fece un esperimento con la partecipazione di una sensitiva, Natasha Kremneva, lei stessa ingegnere e impegnata presso il programma spaziale sovietico. Il generatore  irradiava alcuni raggi torsionali, ovviamente invisibili all’occhio, soltanto Akimov conosceva  i loro parametri  e direzioni. Natasha prese una matita e disegno l’esatta direzione dei raggi (lei li vedeva a occhio nudo).

In quel momento storico, negli ultimi anni dell’URSS - primi anni post-sovietici,  le uniche strutture in grado di fornire sia le infrastrutture sia le “menti” per gli esperimenti con il segnale torsionale, erano il ministero della Difesa e il KGB.

Akimov si fece dare una mano da questa gente e fu fortunato: “…Con il loro aiuto trovammo una soluzione tecnica ai nostri problemi, perché i trasmettitori delle onde torsionali non hanno nulla a che fare con i trasmettitori delle onde radio, e nemmeno i ricevitori assomigliano alle radio. Creammo degli strumenti particolari.

E nel 1986 a Mosca, per la prima volta, fu trasmesso un comunicato torsionale. Capimmo che in quella maniera era possibile trasmettere tutto, sia il suono sia le immagini. Capimmo che la velocità della trasmissione del segnale torsionale superava miliardi di volte la velocità della luce. Per essere chiari: un segnale radio raggiunge la Luna in 10 minuti, e un segnale torsionale ci arriva all’istante.” 

La Straniera

 
 
Oggi mi è capitato di discutere con una ragazzina (dico ragazzina, dopo aver visto il suo profilo) che voleva sapere qualcosa sulla politica russa, in questo periodo.
 
Perché io ero, a suo parere, "una persona seria."
Non vivendo in Russia da 30 anni, una mia opinione, ovviamente, ce l'ho. Ma non voglio discutere qui della politica,  vorrei dire due parole su come noi, esseri mani, ci vediamo. Sugli stampi e cliché mentali.
 
Chi va a vivere in un altro paese (le strade della vita sono infinite) spesso è visto soltanto in funzione della sua provenienza. Il timbro "straniero" resta per sempre, vuoi perché ti scappa una errore della sintassi, vuoi perché non parli con uno dei tanti accenti regionali, vuoi perché coloro che sanno da dove provieni non sono in grado di vedere in te una persona, un pari, un uguale, un essere umano, al di là delle diversità culturali e linguistiche.
Un individuo che incontri, in quel momento, si sente una cellula di un unico tronco d'albero, e tu chi sei, la tenera foglia che si è appiccicata alla corteccia...?
Per altri sei un motivo di esaltare la tua nazione (perché "qui va tutto male" :)
 
La ragazzina (per farmi piacere?) mi scrisse di sentirsi da sempre una russa, e nominò alcune località russe che a lei suonerebbero famigliari.
Si aspettava da me delle esclamazioni di gioia.
 
Se avessi guardato prima la sua foto avrei le fatto lo sconto dell'età e dei cliché culturali. Ma non lo feci e le risposi che, secondo me, l'anima - l'anima, l'essenza di una persona, ciò che si è reincarna, ciò che viaggia nei secoli, nei paesi diversi, nei mondi stellari - non ha una nazionalità. Ne sono convinta. Ne prova tante, di nazionalità, da aver alla fine perduto il concetto della nazionalità in senso stretto.
 
Nasci in un certo paese perché il tuo compito nella vita che si apre richiede certe conoscenze e abilità. E poi c'è la questione della famiglia, devi incontrare i tuoi "concatenati karmici" inseriti in un certo quadro politico e culturale, il migliore per farti risolvere alcuni compiti.
 
Io mi sono anche stufata di portare il timbro di una straniera, vista "in funzione della provenienza da...". Scrissi che il concetto della nazionalità può servire in un certo contesto, ma se parliamo dell'anima, un'anima matura è una cittadina del mondo, solo che è emersa in un brodo culturale della sua ultima incarnazione... Apriti cielo, la ragazza mi rispose che sono una fredda e senza emozioni.
 
Ma che ci posso fare se non mi sento straniera?  Ricordo con amore le mie origini ma mi sento un'Anima, quella che viaggia nei mondi?
 
 

Il virus della sottomissione

 

 

Di Alla Bogolepova, Gazeta.ru

 

Volevo comprare una borsa… сhe costava 200 euro. Cara, per il nostro paese, e anche per me. D’altra parte, mi serve, ed è meglio spendere una volta e non pensarci più, perché è di marca, sarebbe stata indistruttibile facendo la sua figura.

Ed ecco, sono davanti alla bottega, pardon, boutique, e mi viene incontro  una bella commessa, pardon, consulente. MI sta dicendo qualcosa, ed io sto sorridendo, so già che comprerò quella borsa.

  • “Scusi”, insiste la commessa. “Per ora non può entrare.”
  • “Come?”
  • “Non più di due persone alla volta. Può aspettare fuori?”
  • “Grazie”, dico. “Mi ha appena fatto risparmiare 200 euro.”

La commessa non ha nessuna colpa, non è stata lei a stabilire queste regole.  Ma io non mi sono ancora dimenticata che cos’è la libertà e la dignità, non aspetterò fuori, è umiliante.

Stavo pensando questo camminando per la strada, scegliendo un locale per pranzare, mettendomi la mascherina per andare fino a tavolino, togliendomi la mascherina per mangiare, rimettendomi la mascherina per uscire dal locale. Si, stavo pensando alla libertà alla quale abbiamo rinunciato facilmente, come io ho rinunciato a quella borsa.-

 

Abbiamo acquisito in fretta le nuove abitudini, ma ancor più in fretta, l’abitudine alla sottomissione.

Quando si tratta dei bisogni di base, obbedisco. Comprare il cibo, ottenere un documento che serve, spostarsi dal punto A al punto B. Queste cose ormai non sono realizzabili senza sottomettersi alle regole odierne. Chi le ha inventate, perché, quanto siano sensate, non importa, è più facile accettarle.

Ma dopo, andiamo sempre in discesa.

Certo, tu, sconosciuto, mi puoi sparare un raggio in fronte, perché devo entrare in palestra già pagata per un anno.

Certo, permetterò ad un altro sconosciuto di esplorare il mio naso, ottenere un campione del mio DNA, studiarlo e farne ciò che si vuole: perché ho bisogno del certificato, devo prendere un aereo. E poi scendere dall’aereo. Non dirò nulla, anche se un anno fa tutto ciò era riservato soltanto ai medici che sceglievo io, non ai paramedici nell’aeroporto di Istanbul.

Odio il disinfettante, odio il suo odore, ma acconsento e metto le mani sotto il beccuccio. Non sono più io a decidere che odore deve avere la mia pelle, lo decide qualcun altro.

Non posso più rispondere “che te ne frega” in risposta alla domanda “con chi ha avuto i contatti nelle ultime due settimane?” Nessuno può rispondere così, se vuole mantenere l’illusione di una vita normale. E’ più facile accettare.   Vai a dire: non avete nessun diritto, è illegittimo, io ho pagato. “Zac”: 36,2°. Questione di un secondo.

 

NON ABBIAMO PAURA DELLA MALATTIA, ABBIAMO PAURA DI ESSERE NUOVAMENTE SALVATI DALLA MALATTIA.

Sono pronta a molto, pur di evitarlo: ecco la mia mascherina, le mie mani, le mie analisi e la lista dei miei contatti. Ecco il muscolo, ecco la vena, iniettatemi il vostro vaccino, anche la benzina, se preferite, ma lasciatemi in pace, lasciate che io viva e lavori.

A pensarci bene, è geniale: sono io, con le mie mani,  rinuncio ai miei diritti, per avere ciò che costituisce di nuovo il mio diritto. La nostra privacy, la nostra libertà in cambio alla possibilità di lavorare e pagare le tasse.

In un certo senso la situazione Covid a settembre è peggio che a marzo. Allora avevamo paura, ma anche una missione: avere cura degli altri, salvare le vite, salvare la civiltà. Ognuno di noi si sentiva parte di qualcosa di più grande.

Ma ora siamo un gregge di pecore più o meno docili, che daranno tutto ciò che hanno per essere tosate a zero, non per un prato di erba più verde. Questa è la nostra nuova realtà.

Non dobbiamo aver paura delle vaccinazioni, del chip e di altra fantascienza. Non dobbiamo aver paura del Covid.

Siamo infettati di una cosa ben più grave, il virus della sottomissione. Ricordate quel giorno quando avete pensato per la prima volta: ”Non c’è alcun segreto nei miei dati ed analisi medici”. Il giorno quando avete deciso che non c’è nulla di terribile nei divieti e nei controlli, che le limitazioni servono, che i diritti non possono esistere quando nel mondo c’è il virus, e che tornerà tutto come prima, quando avremo vinto.

Siete stati contagiati in quel momento.

 

(Alla Bogolepova, Gazeta.ru) https://www.gazeta.ru/comments/column/bogolepova/13268551.shtml

 

 

 

 

COME COMUNICARE CON LA FORZA DEL PENSIERO?

 

La telepatia è una facoltà che alla maggioranza delle persone sembra irraggiungibile. 
 
Ma avete notato con quale facilità gli animali leggono ci leggono nel pensiero? 
Quante volte i miei gatti erano improvvisamente scomparsi sentendomi andare ad aprire la porta al veterinario, senza sapere chi fosse dietro la porta (poteva essere una vicina, un amico, un corriere…)
Leggevano la forma immagine che compariva nella mia mente. La terrificante immagine del veterinario :)
Perché è così facile per gli animali ed è così difficile per noi? Abbiamo privilegiato il pensiero logico, sul quale abbiamo basato tutta la nostra civiltà. 
Nelle TRR (Tecnologie Radiestesiche Russ ) esiste un modo per mandare una comunicazione ad un’altra persona, perché siamo tutti collegati da un comune piano fatto del pensiero (e il pensiero è di natura torsionale). Ma se la riuscita di questo intento dipende in parte dall’apertura e dalla maturità della persona - destinatario, pare che la comunicazione uomo-animale, usando sempre questi canali, sia più facile. Una mia allieva,  curatrice delle colonie feline, ottenne così il ritorno di un randagio malato bisognoso delle terapie, mandandogli delle comunicazioni scritte.
 
Il messaggio deve essere molto chiaro e avere poche parole.
Si lo so, anche gli animal comunicator sanno parlare con gli animali, ma occorre studiare e possedere certe capacità, non per ultima quella di comunicare per immagini organizzate in un certo modo.  E se noi tutti immaginassimo il mondo come una struttura spirituale  attraversata da infiniti canali e connessioni di natura energetico-informazionale, avremmo potuto fare molte cose sconosciute ai più…
 
Ecco un altro modo per provare un contatto telepatico.